La violenza psicologica all'interno della coppia si manifesta principalmente attraverso il controllo e il dominio della vittima e seppur non si arrivi ad una vera e propria violenza fisica, gli esiti di tali modalità sono devastanti e alienanti.
La fenomenica del maltrattamento psicologico è sempre caratterizzata come ci ricorda la Marie-France Hirigoyen (1998) da “un'ostilità costante e insidiosa” che include il controllo e l'intrusione nelle frequentazioni e amicizie fino a provocarne il completo isolamento.
Fin dall'inizio della relazione il partner potrebbe dimostrarsi molto geloso e possessivo, impedendo alla compagna di frequentare i suoi amici e di sentirli anche solo per telefono, facendo pesanti scenate di gelosia, nonostante lei limiti tutte le sue relazioni sociali, adeguandosi alle richieste del compagno.
Lui di solito può permettersi di frequentare altre donne e continuare le proprie relazioni sociali.
Appare chiaro che come sostiene Marie-France Hirigoyen nel suo libro intitolato “Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro” (1998), come il perverso non si metta mai in discussione in prima persona, in quanto non può vivere il conflitto nella propria interiorità ma deve espellerlo e collocarlo su qualcun altro, in questo caso sulla vittima designata.
Per far ciò ricorre frequentemente ad un sovvertimento della verità che permette al perpetratore della perversione di essere totalmente indifferente rispetto alla verità fino a disprezzarla. La vittima quindi può solo adeguarsi e uniformarsi alle rappresentazioni che vengono costituite.
Il perpetratore produce vere e proprie prove a supporto delle sue errate convinzioni, in questo modo destabilizza totalmente la compagna che appare confusa, sconcertata, non riuscendo più a capire dove si collochi la verità. Questa sensazione di disorientamento consente al partner di tenere sotto il proprio controllo e dominio la vittima, può in questo modo, dopo averla indebolita, esercitare tutto il suo potere.
Anche la modalità comunicativa appare manipolatoria, il perverso non comunica ma si limita ad alludere, rifiuta inoltre ogni autentico scambio in quanto vissuto come pericoloso e veicolo di contenuti emotivi potenzialmente annichilenti e disorganizzanti ma da però l'impressione di sapere.
Il primo passo per giungere a questo come ci dice la Hirigoyen (1998) è la seduzione della vittima.
Il perpetratore della relazione perversa seduce la vittima perché ne è affascinato in quanto vede in lei un'immagine ideale di sé, ma di questo fascino e qualità ne viene poi privata.
Per fare ciò le armi che usano i perversi relazionali sono la menzogna, il sarcasmo, la derisione e il disprezzo. Inoltre da l'impressione di sapere sempre cosa è giusto e sbagliato, questo disorienta l'interlocutore che non riesce a reagire ed è sempre più nelle sua mani, diventa un suo oggetto. Attraverso queste manovre infatti il perverso trasferisce sulla vittima il vuoto che ha dentro di sé, impossessandosi come afferma la Filippini (2005) della sua vitalità. “Egli attua una sorta di vampirizzazione della partner” per queste ragioni le compagne sono scelte sempre tra persone vitali, stimabili e capaci di instaurare relazioni. “Il narcisista perverso è come se si appropriasse dell'autostima della vittima, della fiducia in se stessa, allo scopo di incrementare il proprio valore”. Non può tollerare il senso di vuoto e mancanza, dando così origine all'invidia e all'odio per la donna e al tentativo di appropriarsi di quanto ci sia di buone e vitale in lei.
Fonagy in “Uomini che esercitano violenza sulle donne: una lettura alla luce della teoria dell'attaccamento” (2001) propone un collegamento tra stili di attaccamento, cure parentali e capacità di mentalizzazione al fine di spiegare le modalità relazionali perverse. Da quanto sostiene l'Autore (2001) lo stile di attaccamento disorganizzato derivante da situazioni di abuso o di maltrattamento da parte dei genitori nei confronti dei bambini, produrrebbe nel bambino la necessità di trovare un compromesso tra la necessità di conforto fisico e la necessità di una distanza mentale. Viene così però compromessa la capacità di mentalizzazione del bambino che da una lato non può usare i genitori come veicolo della funzione di rispecchiamento e di interpretazione dei propri stati mentali poiché verrebbe a contatto con sentimenti di odio e di trascuratezza. Da adulti questi bambini regredisco ad un pensiero non mentalizzante e “la rappresentazione di sé disorganizzata si manifesta come un enorme bisogno di controllare gli altri. Gli uomini violenti devono stabilire una relazione in cui la partner serva da veicolo per gli stati intollerabili del sé. Essi manipolano la relazione in modo tale da generare nell'altro l'immagine di loro stessi della quale non vedono l'ora di liberarsi. Ricorrono alla violenza, a volte, quando l'esistenza autonoma dell'altro minaccia questo processo di esteriorizzazione. In questi momenti, agiscono con violenza mossi dal terrore che la coerenza del sé venga distrutta dal ritorno di ciò che era stato esteriorizzato.
L'atto violento ha quindi una funzione duplice: ricreare e risperimentare il sé alieno all'interno dell'altro e distruggerlo nella speranza inconscia che scompaia per sempre. Percependo il terrore negli occhi delle loro vittime, questi uomini sono rassicurati. Le loro successive suppliche sono sincere, a causa del loro incontenibile bisogno di avere una relazione in cui sia possibile questo tipo di esteriorizzazione”.
Le vittime appaiono quindi depredate e svuotate dei propri valori e della propria identità, questo Trauma da Narcisismo (Brunelli, 2010) porterà l'emergere nella vittima una sindrome caratterizzata da sintomi tra i quali persistente stato d'angoscia, pensiero ossessivo del fantasma del narcisista perverso, attacchi di panico e depressione.
Per comprendere più a fondo la perversione relazionale credo sia fondamentale soffermarci sull'inizio di tale relazione, perché fin da subito il perverso impone il suo marchio sulla relazione.
L'inizio della storia può essere piacevole soprattutto se la vittima ha a che fare con un narcisista di tipo overt, in quanto associa alla partner la propria grandiosità e onnipotenza.
La capacità del perverso di stimolare, coinvolgere e affascinare l'altro lo porta a sedurre la propria vittima.
Il perverso relazionale utilizza il proprio fascino potente al fine di entrare in possesso dell'altro, che al momento pare essere la sua unica ragione di vita. In questa fase del rapporto emerge la parte premurosa, per quanto apparente, del controllo che fa in modo che la partner si senta particolarmente coinvolta e possa avere la sensazione di vivere il rapporto più importante della propria vita.
Purtroppo però questo “controllo premuroso” seduce ma manipola al tempo stesso e aggiunge la Guerrini degli Innocenti (2011) “crea quella condizione di permeabilità emotiva che rende possibile l'effrazione psichica: una sorta di colonizzazione, una presa di possesso della mente dell'altro. Il narcisista perverso riesce così ad instillare l'idea che lui solo sa che cosa l'altro veramente vuole, di che cosa ha veramente bisogno”.
Questi uomini, come tutte le persone del resto, presentano linee di funzionamento più patologiche e altre più adattate e vicine alla normalità. Nelle persone narcisisticamente perverse soprattutto quelle più compromesse, queste parti non riescono a coesistere ma si succedono nel tempo in maniera alterna.
In alcuni momenti le parti sane prevalgono su quelle patologiche permettendo anche al perverso di entrare in sintonia con la propria compagna e riuscendola a comprendere empaticamente e a soddisfarla in maniera profonda. Successivamente però si manifestano con tutta la loro forza le parti più patologiche e perverse trasformando la propria compagna in una donna che non è più capace di comprenderlo come invece riusciva a fare quando lui mostrava il suo “lato buono”. Questa alternanza di stati colpisce ancora di più e incastra le povere vittime in questo meccanismo perverso, così le vittime tendono ad aggrapparsi a questi rari momenti di felicità con la speranza di poter guarire le parti malate e convivere solo con quell'uomo che le rendeva felici.
Tale modalità è più frequente all'inizio del rapporto e questo purtroppo porta le donne a legarsi ancora di più ai propri uomini perversi. Essi mostrano delle parti di sé buone e positive che le illudono ma con il passare del tempo le mostrano sempre più raramente fino a farle scomparire del tutto per far cedere il posto agli aspetti perversamente radicati che imprimono stabilmente il loro marchio sulla relazione. Gli unici aspetti empatici che il perverso è in grado di mostrare appaiono totalmente asserviti alla strategia controllante-premurosa/punitiva. Si svuota della presenza emotiva dell'altro e si attiva solo verso quella parte di sé che il perverso relazionale espelle nell'altro e che rivede quando riesce a farlo soffrire, supplicare e dibattersi. Gli uomini ci dice Fonagy, a proposito degli uomini che esercitano violenza sulle donne (2001), provano dopo questi episodi, calma, calo di tensione, come il “ripristino di una Gestalt interiore” uno strano stato di tranquillità. “La calma rappresenta la riuscita distruzione dell'indipendenza psichica della donna. Lei è ancora una volta solo il veicolo dei processi proiettivi patologici del suo partner” (2001, pag. 290).
Infatti la donna teme il compagno, i suoi rimproveri, le sue battute e le sue allusioni o le sue esplosioni di collera. Fa di tutto per rabbonire il partner e ogni suo sforzo è orientato in questa direzione. Farebbe qualunque cosa pur di ottenere un cenno di assenso, di approvazione, per rivedere anche solo per un momento quell'uomo di cui si era innamorata e diventa così sempre più incapace di riconoscere ciò che sta avvenendo.
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